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In una conferenza tenuta nell'anfiteatro della Sorbonne il 17 marzo del 1947, con André Breton in sala, Tzara s'interroga sul rapporto tra poesia e rivoluzione, ossia sulla possibilità di giungere a una forma di organizzazione sociale che sia finalmente consona alle necessità dell'essere umano. L'arte non può che lavorare a questo fine e, tuttavia, l'artista deve superare le contrapposizioni tra "azione e sogno". Tzara procede a una riflessione storica dai toni pungenti, convocando il razionalismo cartesiano, gli ideali dell'Illuminismo, Hegel e Marx, la Rivoluzione francese, Baudelaire e Rimbaud, e molto altro ancora. Soprattutto, torna sulle ragioni di Dada, sulla sua forza destabilizzante, e denuncia il fallimento del Surrealismo nel raccogliere quello slancio emancipatore. Pubblicato nel 1948, il libro riprende il discorso parigino, "Le surréalisme et l'après-guerre", arricchendolo con una serie di "postille", veri e propri scritti brevi e folgoranti tra cui spicca "La dialettica della poesia", testo presentato a Bucarest nel dicembre 1946.